
Ghetto Veneziano: storia e curiosità sul ghetto ebraico di Venezia
Il Ghetto Veneziano, un mondo a parte, che però è riuscito ad amalgamarsi nel tempo ad una realtà unica come quella di Venezia.
La zona del Ghetto ebraico si trova a Cannaregio, poco distante dalla famosa fondamenta della Misericordia, dove un giro a bacari è d’obbligo. L’origine del nome è curiosa, perchè la parola “ghetto” deriva da “getto” o “ghetto” (appunto), termine che indicava un terreno che si estendeva qui, dove ora ci sono case e campi (le piccole piazze veneziane), in cui sorgevano le fonderie che “gettavano” qui le bombarde.
Sappiamo per certo che nel XIV secolo queste fonderie erano qui, ma smisero di esistere agli inizi del XV secolo. Ma all’interno dell’area del Ghetto Veneziano, si trovano in realtà tre ghetti: il Vecchio, il Nuovo e il Nuovissimo.
I tre ghetti del Ghetto Veneziano e le loro regole
Il Ghetto Vecchio (1541), anche se il nome suggerirebbe che fosse il più antico dei tre, in realtà non lo è ma lo è la zona chiamata oggi Ghetto Nuovo. Il Ghetto Nuovo (1516) era il luogo dove si buttavano gli scarti delle fonderie, successivamente fu utilizzato per far spazio ad altre fonderie, ma nel 1516 fu, insieme al Ghetto Vecchio, un terereno concesso alla comunità ebraica presente a Venezia.
Per questo, il Ghetto Veneziano è considerato il ghetto più antico d’Europa.
inzialmente a Venezia c’erano ebrei di origine tedesca, più ricchi, ed ebrei italiani, più poveri. Nel 1541 arrivarono in città ebrei portoghesi e spagnoli, oltre a turchi e greci, decisamente più ricchi dei primi due e in grado di garantire a Venezia il commercio con paesi ricchi in oriente e in molti altri luoghi, per questo il Ghetto fu ampliato, aggiungendo l’originale “Getto” (Ghetto Vecchio).
Negli anni, gli ebrei trovarono la loro dimensione e crebbero di numero, tanto che la Serenissima concesse loro un altro spazio vicino agli altri due, denominandolo Ghetto Novissimo (1663).
Sfortunatamente un tempo gli ebrei non se la passavano troppo bene a Venezia, dal momento che erano soggetti a rigorose discipline e, come ai tempi del Nazismo, venivano costretti a portare un segno che li riconoscesse, come una “O” gialla oppure un berretto giallo o rosso. Per legge gli era vietato esercitare alcuni tipi di “arte nobile”, ad eccezione della medicina, così come alcuna arte manuale. A Venezia non potevano possedere nulla in termini di edifici, in altre parole, gli era vietato acquistare una casa.
Se un Ebreo fosse stato scoperto avere una relazione con una donna cristiana, la punizione era severa. Se la donna era una meretrice, se la cavava con una multa di 500 lire (che all’epoca non erano poche) e 6 mesi di prigione, mentre se la donna fosse stata una donna “di partito” sarebbe stato in prigione 1 anno e pagava comunque 500 lire.
Ma non è finita qui. Il Ghetto era sorvegliato e chiuso da porte. Le fonderie, al tempo, erano circondate da mura, che sono poi servite a confinare la comunità ebraica dopo la mezzanotte. Le porte venivano chiuse e ancora oggi possiamo vedere dov’erano posizionate, basta andare in fondamenta Cannaregio, e osservare sotto il terzo portico sulla destra (lasciando il Ponte delle Guglie alle spalle) i segni dei cardini che sostenevano le porte. Fino al levar del sole il ghetto diventava un’isola all’interno dell’isola di Venezia, con una costante presenza armata per evitare ogni possibilità di contravvenzione.
Gli ebrei erano considerati le spie del demonio e per questo pericolose per la popolazione. La loro lingua incomprensibile e strana confermava la loro (presunta) vera natura, oltre al loro bizzarro modo di vestire e i loro riti particolari. Ma i veneziani sono sempre stati abili commercianti e riconoscevano l’utilità degli ebrei nel loro lavoro di usurai. I cristiani non avrebbero mai potuto esercitare questa professione, perchè vendere denaro equivaleva a vendere del tempo, ed essendo il tempo appartenente solo a Dio a loro non era accessibile.
Dal canto loro, gli ebrei erano ben consapevoli che anche per la loro religione era peccato vendere denaro, ma pur di sopravvivere in una Venezia ben più difficile di quella che conosciamo oggi, si giustificarono proibendo le pratiche di usura tra ebrei, ma non con i cristiani.
Oggi la situazione è fortunatamente molto diversa, perchè la comunità ebraica ha trovato il suo posto all’interno dell’ecosistema veneziano, vivendo in completa armonia con il resto della popolazione, ma mantenendo vive le proprie tradizioni, i propri negozi di dolci (favolosi), le sinagoghe e tutto ciò che gira intorno al loro credo.
Cosa vedere nel Ghetto Veneziano
Preparatevi ad entrare in un mondo affascinante, che sembra quasi fuori Venezia, sembra vivere di vita propria, ma indossando i vestiti di Venezia, con i panni appesi alle finestre e i bambini che giocano a pallone nei campi.
Le sinagoghe nascoste e il Museo Ebraico
Appena arrivati al Campo del Ghetto Nuovo, c’è un gioco che mi piace fare con chi è con me e non conosce Venezia: chiedere quali di quegli edifici di fronte a noi nasconde una sinagoga. Nessuno indovina, ma è proprio questo il bello. I palazzi del Ghetto Veneziano sono delle normalissime case Veneziane. Sì, in effetti qualcosa di diverso ce l’hanno, sono molto più alti dei normali palazzi della città, per il semplice fatto che dovevano contenere il maggior numero di persone possibile. Si cercava di sviluppare il Ghetto in altezza e non in larghezza.
Ma tornando alle sinagoghe, il modo per riconoscerle è osservare le finestre. Gli edifici che hanno cinque grandi finestre, che guardano il campo. Basta contarle e il gioco è fatto. A Venezia ci sono cinque sinagoghe o Schole (come vengono chiamate in veneziano):
- La Schola Grande Tedesca (Schola Todesca)
- La Schola Canton
- La Schola Levantina
- La Schola Spagnola
- La Schola Italiana
tutte nascoste tra le case.
Nel Ghetto c’è anche il Museo Ebraico, proprio in Campo del Ghetto Novo, che si concentra sulla vita degli ebrei all’interno della città di Venezia. Piccolo, ma curioso.
Il banco rosso
Ma c’è un’altra curiosità nel Campo del Ghetto Novo e si nasconde sotto i portici, vicino al ponte. Qui sotto si trova l’ultimo banco dei pegni rimasto: il banco rosso.
Originariamente ce n’erano altri due, quello verde e quello nero, ma non sono arrivati fino ai nostri giorni. Non che si veda granché in questo banco rosso, ma il fatto che la sua insegna sia ancora lì e ancora visibile, è come se ci legasse al passato e ci porti indietro nel tempo ad immaginare un campo pieno di persone vestite con il tabarro nero entrare ed uscire da questa porta.
Ma era un viavai di cristiani, non di ebrei, che cercavano liquidità probabilmente per far partire una nave con un carico importante o per armare delle navi per una battaglia o chi lo sa, magari per pagare dei debiti di gioco.
Di certo non un lavoro nobile quello dell’usuraio, ma certamente un modo per sopravvivere.
Qualche curiosità sul Ghetto di Venezia
Oggi vediamo diversi negozi aperti nella zona del Ghetto, ma un tempo non era così.
Per legge, gli ebrei non potevano iniziare alcuna attività commerciale, ma come già detto, i veneziani riconoscevano la loro utilità e trovarono il modo di aggirare la legge: se il negozio fosse stato di proprietà di un nobile cristiano sulla carta, gli ebrei avrebbero potuto esercitare la professione. Ecco che nascono le “strasserie”, negozi che vendono stoffe di bassa qualità (oggi “strassa” in veneziano significa straccio).
Nel Ghetto Novissimo c’è una calle, che porta il nome di Calle del Porton, che ricorda la presenza di uno di quei portoni che chiudevano il Ghetto veneziano.
Le sinagoghe presenti in Campo delle Scuole, in Ghetto Vecchio, sono in realtà le più ricche, perchè commissionate da ricchi mercanti ebrei all’architetto in voga al tempo: Baldassar Longhena.
Ma il Ghetto non nasconde solo testimonianze del lontano passato, bensì anche di quello più recente, come i tasselli in ottone che troviamo qui e lì tra le sue calli, che riportano i nomi delle famiglie che furono deporatate durante il Nazismo nei campi di concentramento. Non sono poste a caso però, ma davanti alla casa da cui furono prese.
Conclusioni
Il mondo che si nasconde all’interno del Ghetto di Venezia è un mondo magico, da vivere e scoprire nei suoi lati più oscuri e nei suoi lati più affascinanti. Il film Il Mercante di Venezia, tratto dall’opera di Shakespeare, può sicuramente darvi un’idea di come doveva essere l’atmosfera e la vita ai tempi. Fatemi sapere.
Ciao, io sono Elisa Pasqualetto, ma tutti ormai mi chiamano Liz. Sono nata a Venezia, anche se le voci dicono che non ci viva più nessuno. Nella vita lavoro freelance come Social Media Manager e Copywriter, mentre questo blog è solo una finestra sulla mia più grande passione: il viaggio.
2 commenti
Venezia help
Bel articolo Liz, su questo luogo così caratteristico, che racchiude anni di storia e sacrifici per questo popolo! Da visitare assolutamente questa parte di Venezia, almeno una volta nella vita!
Fulvia
Grazie Liz per questo articolo.
Desidero, da tempo, visitare questa zona di Venezia.
Speriamo passi presto questo triste momento e di poterci permettere una vacanza in questa meravigliosa
citta’.
Crema (CR) 30/03/2020