lasciare il lavoro per viaggiare
Riflessioni

Ma davvero serve lasciare il lavoro per viaggiare?

Non so voi, ma da quello che vedo in giro sembra che lasciare il lavoro per viaggiare sia diventato un must. Bah, onestamente ho sempre sognato anche io di lavorare viaggiando, di diventare un nomade digitalema ciò non significa che avere un lavoro fisso impedisca di andarsene a spasso per il mondo.

Guardiamoci un attimo intorno, quante persone partono ogni giorno pur tenendo il proprio lavoro? Io stessa me ne vado in giro appena posso, eppure ho un lavoro come moltissimi di voi, da ufficio, dove sto 8 ore seduta davanti a un computer. I soldi non mi crescono sul basilico che tengo in terrazza, semplicemente cerco di utilizzarli al meglio, ottimizzare il tempo come posso, partire durante il weekend se non ho giorni sufficienti per andar via di più.

Tutte queste storie di blogger che hanno lasciato il lavoro per vedere il mondo, di gente con le paturnie che ha bisogno di un viaggio per schiarirsi le idee, per carità, sono la prima a dire che non bisogna mai smettere di viaggiare, però, adesso, lasciare il lavoro per viaggiare sembra essere diventato una moda.

lasciare il lavoro per viaggiare

Questi paladini della felicità e dell’indipendenza a livello lavorativo spuntano come i funghi, la gente ha sempre fatto viaggi memorabili alla ricerca di sè stessa, lo stesso Marco Polo si è fatto un giretto con il padre per le Indie e quello interessato al commercio era il secondo dei due, non di certo un adolescente veneziano alle prese con gli ormoni in subbuglio, eppure non ha mollato il padre con le sete sul groppone, ma ha visto il mondo proprio grazie al suo lavoro.

Viaggiare apre la mente, viaggiare ti fa rendere conto di quanto possiamo essere mediocri, ma dobbiamo viaggiare per noi stessi e non per dimostrare al mondo che siamo in grado di lasciare un lavoro e di partire zaino in spalla.

“Lascia il lavoro per viaggiare e diventa un blogger milionario”, ma in che film? Poi salta fuori che era di famiglia modesta, che di tecnologia ne sapeva poco o niente, nell’articolo non viene nemmeno spiegato come ha fatto a diventare milionario, a questo punto, due domande ce le si fa e l’unico mestiere che permette di guadagnare tanto e in poco tempo, sappiamo tutti qual è.

Ci vendono queste storie come se potessero essere la realtà, come quello che era riuscito a viaggiare gratis sugli aerei per anni e alla fine è saltato fuori che era una bufala.

lasciare il lavoro per viaggiareE’ vero, queste storie incuriosiscono, danno speranza e fanno anche diventare verdi d’invidia, ci convincono che lasciare il lavoro per viaggiare sia la soluzione ai propri problemi, a qualsiasi problema, ma nessuno ci spiega come fare per riuscire a sopravvivere dopo, nessuno ci spiega come mantenere una famiglia, nessuno ci spiega come diventare Seo o programmatore, ma anche se lo fossimo già, nessuno ci fornisce un libretto delle istruzioni che dà un paio di dritte riguardo a come trovare i clienti online.

Leggiamo le storie di chi lascia il lavoro per viaggiare perchè ci danno l’illusione che sia ciò di cui tutti abbiamo bisogno, è un processo di marketing, tra un po’ compariranno i “pacchetti vacanze per chi ha lasciato il lavoro”, articoli sul “come lasciare il lavoro per viaggiare in 10 mosse” e ci convinceremo di essere liberi, quando in realtà non è così.

Guadagnare con un blog si può ma non è semplice, non è immediato, non è che si lascia il lavoro, si parte, si apre un blog e si diventa miliardari, non funziona proprio così, ma questo non ve lo dice nessuno… o meglio, ve lo dico io.

Il mio non è un vano tentativo di distogliervi dall’idea che prendersi del tempo per sè stessi e girare il mondo sia giusta, anzi, ma cerco solo di far vedere l’altro lato della medaglia, di dire quello che i viaggiatori non dicono, di dimostrarvi che chi scrive di viaggia, nella stragrande maggioranza dei casi, è il vicino di casa, una persona normale, con dei pensieri normali, con dei giorni di ferie e con le giornate no.

Il nostro lavoro può piacerci come no, possiamo decidere di lasciarlo e partire per schiarirci le idee, ma poi, quando si torna?

PER APPROFONDIRE: Quando viaggiare significa scappare

 

Ciao, io sono Elisa Pasqualetto, ma tutti ormai mi chiamano Liz. Sono nata a Venezia, anche se le voci dicono che non ci viva più nessuno. Nella vita lavoro freelance come Social Media Manager e Copywriter, mentre questo blog è solo una finestra sulla mia più grande passione: il viaggio.

23 commenti

  • La Folle

    Mi è piaciuta questa riflessione. Faccio anche io parte dei lavoratori davanti al pc, coi giorni di ferie e tutto, e sinceramente mi sono sempre chiesta come fanno queste persone a mollare tutto e ciao, si viaggia e basta. Io amo il mio lavoro anche se non è nel turismo, e non mi sognerei mai di lasciarlo. Anzi, se proprio dovessi farlo, sarebbe solo per trovarmene uno migliore, in un Paese migliore, ma nello stesso campo.
    Poi ci sarebbe anche quel piccolo problemuccio che ho io col fare pubblicità a posti che non mi convincono, esser pagati per scrivere articoli su misura, insomma… non credo proprio che riuscirei ad essere credibile e a vivere col mio blog. Non fa proprio per me 🙂

    • Liz

      Carissima, ma per fortuna esistono ancora le persone come te! Possibile che tutti siano infelici di quel che fanno? Cmq penso che non ci siano segreti, questi che lasciano il lavoro e tanti saluti o son figli di papà, o han soldi messi via o lavorano in viaggio senza dirlo… Non penso ci siano altre vie..

      • La Folle

        Sì infatti :/ possibile che uno, o addirittura una coppia, riesca a vivere solo di post sul blog? Anche mettendo tutte le pubblicità del mondo e vendendo bene gli articoli, mi sembra un pò scarso come lavoro o.O sarà…

        • Liz

          Infatti, se vivono con il blog è perché fanno altro, integrano con altre cose, poi ci sono affiliazioni che fanno guadagnare fino a 2 euro al mese, ma bisogna che le visite siano davvero alte..

  • Cambio Vita

    Come ai tempi delle tisane dimagranti nelle televendite, bisogna saper distinguere tra la realta’ e la bufala. E’ anche vero che online ci sono lavori che pagano meglio – magari piccole cifre ma subito (esempio: programmatore software) che altri che possono pagare solo dopo molto tempo (esempio: blogger). Poi le sicurezze come stipendio fisso, famiglia, etc.. vanno tutte in fumo per chi prende questa strada, cosi’ come diventa libero professionista in Italia (perdendo tutte le tutele e assumendo tutti i rischi).

    Inoltre, se vivi in paesi in via di sviluppo i 500 euro che metti insieme online ti permettono di vivere ok, cosa che non vale nel mondo piu’ sviluppato. Credo che ogni caso sia una storia a parte, anche fortemente influenzato dalle aspettative di vita che ognuno ha. C’e’ chi e’ felice con gli oggetti che stanno in uno zaino, e chi ha bisogno di una bella casa arredata per sentirsi realizzato. Il costo economico ed personale da pagare per queste due situazioni e’ molto diverso.

    Poi saltano fuori gli imprevisti: recentemente mi sono infortunato e tutto d’un tratto mi accorgo di come come un minimo di sicurezze sanitarie/economiche siano fondamentali per vivere serenamente – che le palme in spiaggia sono belle ma se ti casca la noce di cocco su un piede sono guai se ospedali non ce ne sono (o ci sono ma meglio non andarci..).

    Forse la verita’ e’ che ognuno deve trovare il giusto compromesso tra la realta’ della vita pratica e i sogni che non si devono mai dimenticare. Ogni compromesso avra’ il suo prezzo, e ogni compromesso andra’ bene solo per l’individuo che lo mette in pratica. Non ci sono regole che valgono per tutti, anzi forse per nessuno. A ognuno il suo, nel bene e nel male.

    Per chiudere, riguardo al post qua sopra, non credo che lasciare il lavoro se sei un ventenne/trentenne senza famiglia/responsabilita’ sia un problema insormontabile. Nessuno ti garantisce che domani questo lavoro lo avrai ancora, e nessuno puo’ negare che se hai capacita’ e voglia di fare del lavoro per te ce ne sara’ sempre.

    Ma se lasci il lavoro dopo aver letto il post “Perche’ lasciare il lavoro per poter viaggiare”, allora forse dovresti anche leggerti “Perche’ NON lasciare il lavoro per poter viaggiare” (sono sicuro che basta cercare in Google). Cosi’ ti ritroverai al punto di partenza con una decisione da prendere che sara’ solo tua, e non influenzata da gente che non conosci neppure ma che pare abbia trovato le soluzioni a tutti i problemi del mondo (inclusi i tuoi)!

    • Liz

      Ciao Valerio, sono d’accordo con quel che hai detto, dal non lasciare che i propri sogni vengano riposti in un cassetto e dimenticati, al fatto che comunque ognuno deve trovare la propria strada, ma proprio per questo motivo è nata questa riflessione.
      Ognuno è un individuo a sé, ciò che ci sta propinando il mondo di internet al momento è il bisogno di un viaggio infinito intorno al mondo, dopo esserci liberati del lavoro a casa. Sono storie che hanno affascinato me per prima, che un tempo avrei preso ad esempio, ma poi si cresce e ci si domanda qual è la propria strada e io sono felice che senza mollare il mio lavoro, riesco a viaggiare anche senza dovermi licenziare. Ciò non significa che io abbia rinunciato al sogno di diventare nomade digitale, ma al momento le cose vanno così, e anche se un giorno dovessi diventarlo, non significa che me ne andrò a zonzo 10 mesi si e 2 no “perché tanto posso lavorare da dove voglio”…

  • Pellegrino Paolo Eretico

    Purtroppo non sono un programmatore, anzi per dirla tutta col pc ci faccio veramente poco, ergo non posso pensare di lasciare il mio lavoro statico per uno itinerante.
    Per amore di verità ci sono due lavori con i quali arricchirsi in poco tempo, entrambi molto antichi, non so a quale dei due ti riferissi ma l’altro lo conosciamo tutti 😉

  • Claudio

    Anche io ho un posto fisso e lavoro al PC, anche io adoro viaggiare e viaggio molto. Anche io in tempi recenti ho visto molti articoli sensazionalistici sul tema del nomad working. MA, come ha commentato anche qualcun altro, non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono i “sensazionalisti falsi” ma ci sono anche tanti nomad workers veri che campano benissimo, a volte anche SENZA un blog! Insomma, in generale sono d’accordo con te, ma credo che tu faccia un po’ di confusione tra gli “impostori” che impazzano sul web e i nomad workers genuini. Tu hai scritto “nessuno ci fornisce un libretto delle istruzioni che dà un paio di dritte riguardo a come trovare i clienti online” — vero, ma perche’ invece offline si’?!? Aspetta che do’ il libretto al mio capo e gli chiedo un aumento…. No, non mi risulta; a me pare piuttosto che anche offline e senza viaggiare uno deve farsi il mazzo per guadagnare; in modo diverso, “but there is no free lunch”. E allora? E allora l’astio per chi fa finta che i soldi crescano come il basilico secondo me deve essere indipendente dall’elemento del viaggio, e la distinzione non e’ tra attivita’ offline/tradizionali e online/nomadi : la distinzione e’ tra quelli VERI e quelli FALSI. I falsi esistono da sempre anche nel primo campo, ora si stanno diffondendo anche nel secondo semplicemente perche’ ora il secondo comincia ad essere diffuso, e cosi’ e’ diventato facile e “trendy” investarsi panzane in quel campo. Ma non vuol dire assolutamente che tutto quel mondo sia una bufala in se’.

    • Liz

      Ciao Claudio, quanto sono felice che questo tema abbia scaturito commenti così profondi ed articolati come il tuo, mi piace che abbia innescato un confronto.
      Per risponderti, il tema dell’articolo è una semplice domanda, che se vuoi girarla è la si può vedere così: si può viaggiare solo lasciando il lavoro?
      Come dico nel testo, sono la prima a covare dentro di me il desiderio di diventare nomade digitale, ma più per un discorso di dipendenza e di gestione migliore del mio tempo, ma per quanto riguarda il viaggio, io viaggio anche adesso, faccio il conto delle ferie e vado, al massimo mi muovo nel weekend.
      Certo che bisogna distinguere dai Veri e dai Falsi, ma il mio discorso andava leggermente più in là di questo, io questo bombardamento telematico di articoli sull’argomento lo vedo solamente come la creazione di un bisogno che sfocerà nella vendita di qualcosa come libri, biglietti aerei, pacchetti viaggi creati appositamente. Sono venale? Sì un pochino e forse esagero, ma questo “trendy” come lo chiami tu e condivido il termine, nasconde il vero senso di chi ha mollato tutto perchè veramente aveva necessità di farlo e non perchè la società gli sta dicendo che “è una cosa figa da fare”.
      Per quanto riguarda il libretto delle istruzioni che tu citi, volevo solo esprimere il concetto che è molto più difficile decidere di mettersi in proprio, piuttosto che entrare in un’azienda dove magari hai anche la possibilità di essere formato fin dal principio, ma forse non mi è riuscito troppo bene come paragone.
      Il mazzo ce lo si fa online e offline, le cose cambiano poco, esistono liberi professionisti che l’online non sanno nemmeno cosa sia, ma anche chi è dipendente si fa il mazzo, senza avere il pensiero dello stipendio a fine mese (eh hai detto poco, dirai), questo per dire che non era mia intenzione insinuare che chi lavora online non si faccia il mazzo, io lo so bene, scrivo su questo blog da 3 anni e anche se quel che ci guadagno dietro e quasi pari a zero, secondo te non è un lavoro?

  • Cris

    Ciao Liz,
    come sempre ammiro un sacco la tua schiettezza. Leggendo così tanti esempi di gente che ‘prende e va’, questa domanda me la sono posta molte volte anch’io. E mi viene spesso da sorridere quando, dopo l’ennesimo post di uno che ‘ha mollato’, vedo una sfilza di commenti del tipo ‘spero di farlo presto anch’io’.
    Cioè, mi stanno bene tutti i discorsi sui sogni e sul dai-che-ce-la-fai alla Gianni Morandi ma… siamo realisti, su. Seguo diversi blog stranieri, oltre che italiani, e leggo di gente che dice di vivere scrivendo ‘contenuti per il web’: facendo due conti, come è possibile? In termini puramente economici intendo: mantenere una casa da qualche parte (perché ce l’avranno pure no?), tenere aperta una partita IVA e, non da ultimo, viaggiare (che per quanto low cost puoi essere, poche palle, la passione per i viaggi non costa certo come la passione per la briscola). Quindi… chi c’è dietro? Conti sul patrimonio di chi? Ovviamente di nomadi digitali ‘affermati’ ce ne sono e tanto di cappello a loro, ma credo si contino sulla punta delle dita. E tutti gli altri ‘molla-ufficio’ invece?

    Un’altra cosa che mi chiedo è quanto sia sostenibile questa situazione: può andare (forse) bene il primo anno, il secondo… e poi? Cosa succede, continui a viaggiare tutta la vita, magari con prole a seguito? E soprattutto, è ancora una passione o si è trasformata in una smania, in qualcosa che ormai ‘devi fare’? Il troppo stroppia: il bello del non mollare il lavoro, secondo me, è che quando arriva il tanto atteso momento del viaggio, te lo godi ancora di più.

    • Liz

      Ciao cara, ottime osservazioni le tue, onestamente anche io mi sono domandata e mi domando tutt’ora se alle volte la gente viaggi perché deve scriverne poi un post, ogni tanto si ha la sensazione.
      A me onestamente piace anche starmene a casa ogni tanto, avere sempre la valigia pronta è stressante.
      Quindi sí, non viaggerei troppo spesso perché poi un po’ si perde anche il senso del viaggio, ci si imbottisce la vita di informazioni preziose che se non vengono diluite nel tempo si rischia di far confusione e di non apprezzarle come si deve. C’è chi vive scrivendo, chi fa il copywriter per professione ma di certo non scrive solo per sé altrimenti li sì ho idea che non si campi…
      Ti abbraccio

  • Wannabeaglobetrotter - Danila

    Agahah Liz non vedevo l’ora di leggere questo tuo post! Ero sicura di poter condividere ogni parola!
    Onestamente penso che articoli come quello dell’huffington post altro non fanno che cavalcare la moda del momento.. In un periodo in cui molti combattono con i problemi pratici della quotidianità quante visite prende un articolo che promette di far diventare milionari con un blog!?
    In un certo senso essendo sempre più imbrigliati ognuno con i propri problemi abbiamo bisogno di leggere di “chi ce la fa” e poco importa dei dettagli sulla questione… Si tende a riciclare il sogno di qualcun altro che ormai lo ha realizzato e provare – a parole – a fare lo stesso.
    Io purtroppo non ho un lavoro che mi piace, anzi… Per cui in un angolo remoto del mio cuore spero di poter un giorno “mollare tutto” e “viaggiare grazie al blog” o grazie a qualsiasi altra ragione (anche una vincita al Superenalotto andrebbe bene xD) ma non posso che risottolineare quanto hai già detto: per viaggiare bastano pochi giorni e qualche sacrificio economico… Non serve altro!

  • Elisa - Tripvillage

    Finalmente riesco a tornare a leggerti!! mi ero un po’ persa 🙁
    Ma quante mi piace leggere i tuoi post!! Oh, mi tiri sempre su il morale, sai?
    Io sono la prima a cui non piace il suo lavoro purtroppo (o almeno..prima mi piaceva, poi una serie di vicissitudini mi hanno portato ad odiarlo eheheh) e anche io ho il sogno di girare il mondo e magari diventare una nomade digitale. Da quando ho scoperto questo termine me ne sono innamorata, ma mai e poi mai potrei permettermi di mollare il lavoro e partire… Siamo onesti, ci ho pensato ma se mi faccio qualche conto le possibilità sono poche. A che pro quindi? Preferisco a questo punto impegnarmi in qualcosa qui, tenendo il lavoro che mi permette di fare i viaggio che faccio (fino a che non ne trovo uno migliore) e cercando di godermi quello che il mio blog mi frutta in termini di soddisfazioni e incontri (perchè a livello economico ovviamente non ci camperei sicuramente!).
    Anche a me è sembrato strano vedere ultimamente un sacco di articoli di tutti che lasciano il lavoro per il viaggio, pensavo di essere l’unica ad aver pensato “ammazza oh..stanno tutti bene!”

    • Liz

      Ciao Eli, si anche io sono un po’ indietro con i tuoi e oggi ho approfittato per leggerne qualcuno.
      Ad ogni modo per la voglia di diventare nomadi digitali, credo che ci voglia tempo e tanta pazienza, ma che alla fine gli sforzi verranno ripagati… sembra una frase fatta, ma ci credo davvero.

      • Elisa - Tripvillage

        Certo! Anche io sono una fiera sostenitrice del “se ti fai un mazzo tanto arrivi da qualche parte!” anche se poi ogni tanto partono i soliti pensieri riferiti al Paese in cui viviamo…dove non tutto gira esattamente così! Però vabbè… vediamo positivo =)
        Io intanto quando posso studio, così mi porto avanti 🙂

  • Camilla

    Anche io ultimamente ho scritto un post sull’argomento perchè stufa di vedere tutti questi titoli “mollo tutto e giro per il mondo”. Quello di cui nessuno sembra preoccuparsi è anche la stabilità finanziaria, non credo sia un grosso problema tirar su qualche centinaio di euro al mese per vivere, ma sul lungo periodo? Nel lavoro dipendente è facile vedere la routine, meno capire l’importanza di una busta paga, dei contributi, della maternità, dei permessi per malattia. Da un lato una fascia delle popolazione lotta contro il precariato, dall’altra cresce il mito telematico del “mollo tutto”. Siamo una generazione schizofrenica?

    • Liz

      Siamo una generazione insoddisfatta, mai contenta di ciò che ha e sempre alla ricerca di altro e poi di qualcos’altro ancora. Dobbiamo arrivare all’estremo per poter toccare la felicità con un dito o forse, illuderci semplicemente che sia lì e non sotto il nostro naso!

      (Scusa il ritardo nella risposta!)

  • Silvia

    Io sono una di quelle che ha lasciato il posto fisso a tempo indeterminato per viaggiare e dedicarsi a ciò che ama davvero fare. Se io avessi potuto viaggiare e lavorare al tempo stesso, lo avrei fatto. Purtroppo il mio lavoro di ufficio non mi permetteva di prendermi ferie, ero l’unica responsabile della mia agenzia. Nessuno poteva sostituirmi. Lo stipendio era invidiabile. Ma che senso aveva guadagnare 2.000 euro al mese per non poterli spendere in viaggi? Perché ti manca il TEMPO? Il tuo TEMPO? Chi ha la possibilità di viaggiare, chi ha la possibilità di sfruttare i ponti, le ferie, non può capire come si sente una persona che invece è costretta a rimanere chiusa tra quattro mura a sognare di essere dall’altra parte del mondo. Chi DAVVERO ha il viaggio nel sangue non può tollerare, credimi, uno stile di vita del genere. Sentirsi in gabbia, perdere il sorriso, vivere la vita che tutti vorrebbero vivere ma non quella che tu sogni per te stesso… Sentivo che gli anni migliori della mia vita mi stavano scivolando tra le dita. E ho deciso di mollare tutto. Non sai quanti mi hanno criticata per la mia decisione. “Sai quanti vorrebbero essere al tuo posto?” “Almeno tu hai un lavoro”. Si, ho un lavoro. ma non è il lavoro che voglio fare. Chi prende questa decisione non è detto che si faccia mantenere o abbia un piccolo tesoretto alle spalle, sia chiaro. Io lavoro, ovviamente, ma lavoro da casa o da qualunque parte del mondo io mi trovi in quel momento. Mi sono reinventata. Mi sono rimboccata le maniche, ho fatto dei sacrifici, dei debiti e ho creato pian piano un’altra attività che mi permette di vivere e viaggiare tanto. Questo è tutto quello che mi basta e quello di cui ho bisogno. Perché credo sia un DIRITTO di tutti poter fare ciò che realmente piace nella vita. Ho preso una decisione. Ho fatto un salto nel buio. Mi è andata bene, lavoro e e ho fatto del turismo il mio lavoro. Non ho ascoltato chi mi diceva di lasciare perdere. Sono andata dritto per la mia strada. Sicura che mi avrebbe portato alla VERA felicità. Credo che questa sia la decisione migliore che io abbia preso in vita mia. Perché ora quando mi sveglio lo faccio davvero con il SORRISO e il cuore leggero.

    • Liz

      Ciao Silvia,
      scusa il ritardo nella risposta, ma il tuo commento meritava del tempo per formulare una risposta.
      Grazie per il tuo sfogo e la tua testimonianza, intanto, il mio pezzo non voleva essere una condanna verso chi sente dentro di sé la necessità di partire, di lasciare tutto e darsi una, cento, mille possibilità diverse, anzi, voleva essere una visione un po’ diversa dal solito, distaccata dal luogo comune che vede gente che prende e parte lasciando tutto, ma senza dire quello che hai detto tu.
      Io al momento ho un lavoro che mi occupa gran parte della giornata, se ci soffro? Certo. Se il mio desiderio è viaggiare di più? Certo, ma non ne ho la possibilità, perchè se è facile dire “molla tutto” è un po’ meno facile poi affrontare la realtà dei fatti.
      Io te lo dico francamente, non potrei mollare il lavoro che ho per la situazione che sto vivendo al momento, purtroppo nella vita mi sono trovata ad affrontare delle priorità che vanno oltre il desiderio di mollare tutto, magari un giorno lo farò, ma adesso come adesso non posso farlo e cerco di crearmi le occasione per potermi muovere appena posso.
      Quello che volevo trasparisse è una visione un po’ più realista di ciò che ci viene raccontato in rete, tutto qui, l’importante io credo sia tenersi stretti i propri sogni, di non smettere mai di coltivarli, perchè prima o poi si arriva a realizzarli.

  • Maurizio

    Tenere stretti i propri sogni…..sono arrivato a 31 anni sempre 8 ore in ufficio..il tempo passa i sogni restano ma ogni volta si rimandano. Il problema é che non si vuole abbandonare la comfort zone di vita creata….

Lasciami il tuo pensiero

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.